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Fermiamo la violenza di genere: combattiamo insieme il femminicidio

Un’analisi dei recenti casi di femminicidio e delle loro implicazioni sociali

Il fenomeno del femminicidio. Che cos’e?

Il femminicidio è un fenomeno crescente di violenza che ha portato a un numero crescente di omicidi di donne negli ultimi decenni.

Tali atrocità non si estendono solo nei nostri paesi ma anche in varie parti del mondo,e tale fenomeno può essere alimentato da molteplici fattori, tra cui la misoginia, l’ineguaglianza di genere, la violenza domestica e la cultura dell’impunità.

Purtroppo questi omicidi nella maggior parte dei casi vengono commessi da partner intimi o ex partner, che utilizzano violenza fisica, psicologica o sessuale per controllare e sottomettere le loro vittime.

É possibile contrastarlo?

Il fenomeno della violenza maschile sulle donne è un argomento molto importante e delicato, erroneamente considerato, soprattutto dalle popolazioni occidentali, come lontano, come qualcosa che ormai non ci riguarda più. Basta prendere in considerazione la nostra terra, in Italia, infatti, fino a non molti anni fa, l’uomo che uccideva la moglie o la fidanzata “per gelosia” poteva contare su una attenuante giuridica: il movente “d’ onore”, grazie alla quale se la cavava con pochi anni di prigione

Una vergogna che affonda le sue radici in un’eredità culturale arcaica e, purtroppo, ancora attiva: la femmina come proprietà del maschio. Ancora oggi le stragi di violenza maschile sulla donna vengono codificate dalla cronaca con le parole “omicidio passionale”, “d’amore”, “raptus”, “momento di gelosia”, quasi a testimoniare il bisogno di dare una giustificazione a qualcosa che è in realtà mostruoso. Ma cosa si può fare per contrastare questo terribile e crescente fenomeno radicato nella nostra cultura? Qualcosa è stato fatto, negli ultimi tempi in particolare: oltre alla nascita dei centri anti-violenza, dotati spesso anche di case-rifugio, in Italia sono stati istituiti corsi di formazione dei carabinieri, mentre in tutto l’Occidente è stato introdotto il reato di “femminicidio “, con il quale si tenta di passare il messaggio che uccidere una persona perché ci si ritiene proprietari del suo corpo, della sua vita, della sua libertà, è un’aggravante giuridica, e non più una attenuante. Sono grandi passi avanti, ma purtroppo manifestare il dissenso probabilmente non cambierà a breve il fenomeno, non basta una legge per salvaguardare il sesso femminile, ma col tempo riuscirà forse a cambiare la cultura e le mentalità.

L’importanza della prevenzione e dell’educazione

È in questo senso che occorre impegnarsi: serve soprattutto maggiore educazione famigliare e scolastica, quella formazione culturale che dovrebbe far capire che tale violenza maschile non è legittima, ma conseguenza di pregiudizi legati alla virilità, all’onore e ai diversi ruoli maschili e femminili nella coppia e nella società; che “amore” non significa possesso della donna cui chiedere obbedienza assoluta, negandole la libertà dei sentimenti.

È indispensabile spingere le spose o le fidanzate a non sottovalutare i primi segnali di violenza, a non aver paura di denunciare, benché ciò sia spesso rischioso. Si tratta quindi di modificare un fenomeno culturale che priva di rispetto il corpo delle donne, facendole sentire inferiori moralmente e socialmente.

Questi sono limiti culturali, stereotipi sociali, assurdità che non si possono più tollerare. È ora di dire basta, e siamo noi donne a dover fare il primo passo, a batterci per il rispetto del femminile. Abbiamo il compito di educare i nostri figli correttamente, di premere sulla società per consentire il raggiungimento dell’obiettivo, per ottenere uguaglianza giuridica, politica, ma soprattutto sociale.

Voci silenziose: le vittime del femminicidio

foto scarpe rosse

Centosei. É il numero delle donne uccise in Italia nel 2023: 88 di loro hanno perso la vita in ambito familiare e affettivo. In 55 di questi casi, l’assassino è il partner o l’ex compagno.

Tra molte di questi vittime ricordiamo Floriana Floris, 49 anni, il cui corpo viene trovato nell’abitazione in cui risiedeva a Incisa Scapaccino, in provincia di Asti. I soccorritori la trovano sgozzata e sfigurata da almeno 30 coltellate alla gola e al volto inflitte dal compagno Paolo Riccone, 57 anni.

Rosa Moscatiello, infermiera in pensione di 60 anni, viene uccisa il 12 giugno nel letto della sua casa a Castellarano (Reggio Emilia) dal marito Giampaolo Ravazzini, 62 anni. L’uomo si è poi ucciso gettandosi dal tetto del palazzo.

Svetlana Ghenciu, 48enne commessa in un panificio a Rimini, viene assassinata a colpi d’arma da fuoco dal marito Gioacchino Leonardi, ex guardia giurata di 50 anni, che poi si toglie la vita. A trovarli è il figlio della coppia di rientro da un weekend con la fidanzata.

L’11 novembre, muore a soli 22 anni Giulia Cecchettin, studentessa di Vigonovo prossima alla laurea. Arrestato con l’accusa di omicidio volontario aggravato è l’ex fidanzato Filippo Turetta, suo coetaneo. L’ha uccisa con più di 20 coltellate e l’abbandonata in un canalone vicino al lago di Barcis, in provincia di Pordenone.

La scia di sangue prosegue il 20 novembre, quando il corpo della 66enne Rita Talamelli viene ritrovato nella sua casa di Fano (Pesaro Urbino). A strangolarla è stato il marito Angelo Sfuggiti, pensionato di 70 anni.

Questi sono soltanto alcuni dei nomi delle centinaia di vittime che hanno perso la vita solo per aver subito delle crudeli violenze da parte di alcuni uomini.

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