Quando ho visto alla TV la fumata bianca uscire dal comignolo della Cappella Sistina, ho capito subito che un nuovo Papa era stato eletto. È stato emozionante anche solo guardare lo schermo, immaginando cosa stava accadendo dentro quelle mura così antiche e cariche di storia.
Sotto gli affreschi spettacolari di Michelangelo, i cardinali hanno finalmente trovato un accordo. Dopo il voto decisivo, uno di loro ha chiesto al nuovo eletto, in latino:
Acceptasne electionem de te canonice factam in Summum Pontificem?
(‘Accetti la tua elezione canonica a Sommo Pontefice?’).
Sapere che in quel momento, lontano da me, un uomo stava decidendo di cambiare completamente la sua vita, mi ha fatto riflettere. Poi gli hanno chiesto:
Quo nomine vis vocari?
(‘Con quale nome vuoi essere chiamato?’)
E il maestro delle Celebrazioni Liturgiche ha ufficializzato tutto su un documento.
Quando è arrivata la fumata bianca, io guardavo con il fiato sospeso. Era come se il mondo intero stesse trattenendo il respiro insieme a me. Intanto, dentro la Cappella Sistina, il nuovo Papa si stava preparando: ha lasciato la sua veste cardinalizia per indossare una delle tre vesti papali già pronte, nella cosiddetta “Stanza delle Lacrime”, un luogo carico di emozione dove spesso il nuovo Papa si commuove. Poi si è fermato a pregare per qualche istante.
La cerimonia è continuata nella Cappella Sistina: il Papa ha preso posto sulla cattedra e i cardinali hanno letto un passo del Vangelo. Uno a uno, si sono avvicinati a lui per manifestargli rispetto e obbedienza. Guardando le immagini, mi colpiva pensare al peso immenso di quel momento e al coraggio che serve per dire sì a una missione così grande. Dopo la cerimonia, tutti hanno cantato il “Te Deum”, l’inno di ringraziamento.
Intanto, il cardinale Dominique Mamberti è salito sulla Loggia delle Benedizioni. Sentire in diretta la formula “Annuntio vobis gaudium magnum: habemus Papam!” mi ha fatto venire i brividi. È stato allora che abbiamo saputo il suo nome: Papa Leone XIV, ex cardinale Robert Francis Prevost. Il Papa, prima di affacciarsi, è entrato nella Cappella Paolina per pregare ancora un momento davanti al Santissimo Sacramento. Poi finalmente è comparso sulla Loggia e ha salutato il mondo intero, impartendo la sua prima benedizione “Urbi et Orbi”.
Nel suo primo messaggio al mondo, Papa Leone XIV ha introdotto un’espressione che colpisce per forza e semplicità: “pace disarmata e pace disarmante”. In un tempo in cui tanti Paesi inseguono la corsa agli armamenti e le tensioni internazionali sembrano crescere senza sosta, queste parole aprono una prospettiva radicalmente diversa. La “pace disarmata” di cui parla il Papa è quella che nasce dalla fiducia in Dio, che ci ama incondizionatamente, e non ha bisogno di potere, forza o minacce per affermarsi. Ma è anche una “pace disarmante”, capace cioè di sciogliere ostilità, paure e diffidenze, semplicemente con l’umiltà, la perseveranza e la forza del bene. Quando Leone XIV dice: “Dio ci vuole bene, vi ama tutti e il male non prevarrà. Siamo tutti nelle sue mani. Pertanto, senza paura, uniti, mano nella mano, andiamo avanti”, invita il mondo a un cammino coraggioso, in cui il disarmo non è solo materiale ma anche spirituale: meno aggressività, meno chiusura, più apertura all’altro. È un appello a vivere la pace non come assenza di guerra, ma come presenza attiva di amore e comunione.
Papa Leone XIV ha scelto questo nome per richiamare Papa Leone XIII, noto per l’enciclica Rerum Novarum, che affrontava le ingiustizie della prima rivoluzione industriale, segnalando così la volontà di proseguirne la linea riformatrice. Ha anche accennato alla necessità di un’etica dell’intelligenza artificiale, vista come una nuova rivoluzione che interpella la coscienza della Chiesa.
Anche se ero lontano, davanti a uno schermo, mi sono sentito parte della storia. Non capita tutti i giorni di poter dire: “Io c’ero, anche se solo col cuore, quando il nuovo Papa è stato eletto”.
E ora non posso fare a meno di chiedermi: chissà come sarà questo nuovo Papa?