L’amicizia che ci lega sin dai primi anni di scuola è sempre stata un ponte tra mondi diversi: oggi, come studente di Biotecnologie Sanitarie e studentessa di Trasporti e Logistica, vogliamo unire le nostre prospettive per parlare di un tema che tocca entrambi, e in questo periodo storico tutto il mondo, l’inquinamento marino.
Il mare, elemento vitale per l’equilibrio del pianeta e per la vita dell’uomo, è al tempo stesso fonte di risorse e di collegamento tra i popoli, ma anche vittima delle attività umane. Comprendere le sue fragilità significa interrogarsi su come scienza e navigazione possano collaborare nella tutela del nostro futuro.
L’inquinamento marino rappresenta una minaccia sempre più grave, poiché introduce sostanze tossiche negli ecosistemi e nella catena alimentare. Tra i contaminanti più pericolosi emergono due protagonisti silenziosi: le microplastiche e i metalli pesanti. Le prime, minuscoli frammenti inferiori a cinque millimetri, nascono dalla degradazione dei rifiuti o dal rilascio di particelle plastificate durante attività industriali e quotidiane. I secondi, come mercurio, piombo, cadmio e arsenico, derivano spesso da scarichi industriali e traffici marittimi, finendo per accumularsi nei tessuti degli organismi viventi.
Da un punto di vista nautico, il trasporto marittimo gioca un ruolo cruciale in questo scenario. Ogni giorno migliaia di navi solcano i mari per spostare merci e materie prime, ma il prezzo ambientale è alto. Le navi rilasciano gas serra, ossidi di zolfo, acque reflue e, in alcuni casi, sostanze tossiche che si sommano alle microplastiche già presenti, creando un ambiente marino sempre più saturo di inquinanti. Le microplastiche, inoltre, fungono da vettori per i metalli pesanti, che vi si depositano sulla superficie e vengono poi ingeriti dai pesci, raggiungendo infine l’uomo attraverso il consumo alimentare.
Proprio per contenere questi rischi, è nata la Convenzione MARPOL (Marine Pollution), firmata nel 1973 e aggiornata nel 1978. Essa rappresenta uno dei pilastri della navigazione sostenibile, imponendo norme per il trattamento dei residui oleosi, delle acque reflue e delle emissioni aeree. La sua applicazione promuove l’uso di tecnologie pulite a bordo, come separatori di idrocarburi e sistemi per ridurre i gas nocivi.
Dal punto di vista biotecnologico, è fondamentale monitorare come queste sostanze influiscano sugli organismi marini e, di conseguenza, sulla salute umana. Le microplastiche possono attraversare le barriere cellulari, alterando il microbiota intestinale e interferendo con i sistemi endocrino e nervoso. I metalli pesanti, accumulandosi, amplificano gli effetti tossici, rendendo evidente quanto la salute dell’uomo sia intrecciata a quella del mare.
La sostenibilità marittima e la tutela biologica degli ecosistemi non sono ambiti separati, ma due facce della stessa missione: ridurre l’impatto umano e proteggere la vita in ogni sua forma. Dalla navigazione alla biotecnologia, il futuro del mare dipende dalla responsabilità collettiva di chi, come noi, crede che la conoscenza sia il primo passo verso un cambiamento reale.