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prof.ssa Filippa Alcamesi
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iGen has arrived. Born in 1995 and later, they grew up with cell phones, had an Instagram page before they started high school, and do not remember a time before the Internet. Jean M. Twenge docente di psicologia dell’adolescenza presso l’Università di California Interconnessi Iperconnessi Giovani globali, interconnessi, iperconnessi Già nel 2001, Prensky aveva distinto tra “digital natives” e “digital immigrants”(Twenge, 2018). Affermava che i nostri studenti hanno subìto un cambiamento radicale. Che non sono più quelli per cui il sistema educativo è stato pensato (Horowitz, 2012). Da allora abbiamo fatto passi da gigante. Homeland generation” (Howe e Strauss, 2007). La letteratura scientifica sta ancora cercando di identificare con esattezza le caratteristiche di questa nuova generazione che è in continua evoluzione. Di certo, senza peccare di un eccesso di generalizzazione, si può affermare che gli studenti di oggi sono globali, interconnessi e iperconnessi; hanno uno stretto rapporto con il mondo digitale e usano la tecnologia sia per comunicare o informarsi, sia per studiare. Si trovano immersi in un mare di nuovi strumenti digitali, reti di comunicazione e forme di socializzazione che li porta a nuovi e diversificati modelli di apprendimento, spesso in autogestione, innescate dal processo quasi inconsapevole di esplorazione di linguaggi, giochi, interazione sociale, problem solving. La possibilità di accesso alla web technology, con la smaterializzazione dei contenuti, la loro facile accessibilità e flessibilità (possono essere creati, condivisi, riutilizzati e modificati in continuazione), hanno potenzialmente aumentato significativamente le possibilità educative dei social media, mettendo in discussione il paradigma educativo tradizionale. Il modo di conoscere è cambiato, perché la conoscenza non si raggiunge solo nel luogo fisico “scuola”, ma anche negli spazi virtuali on line. Non più soltanto sul libro cartaceo, con il suo ordine costituito, ma anche su blog (di insegnanti o di scuole), piattaforme di apprendimento, Risorse Didattiche Aperte (OER) e tutti quegli strumenti online che consentono attività didattiche aperte e condivise. La scuola oggi Che linguaggio parliamo? Tutto questo “in potenza”. La situazione che emerge nella scuola di oggi è che una popolazione di docenti che parla una lingua datata (cioè quella dell’era pre-digitale), cerca di insegnare a una popolazione di studenti che si esprime con un linguaggio radicalmente diverso e mostra un modo di apprendere che si caratterizza per gli strumenti che ha a disposizione: clicca su link e acquisisce informazioni in pochi secondi seguendo i propri processi mentali e compiendo simultaneamente operazioni multisensoriali che coinvolgono diverse attività cognitive (multitasking). Ecco perché non amano leggere. I libri probabilmente non sono abbastanza veloci e non catturano il loro interesse (Howe e Strauss, 2000; Pedró, 2006; Gee, 2013). L’ambiente scuola non tiene ancora conto degli aspetti psicologici e antropologici che l’impatto con queste tecnologie ha dettato; l’ambiente scuola fatica ancora a comprendere pienamente la loro rilevanza per l’estensione dei confini fisici e mentali sia degli studenti che degli insegnanti. Le scienze cognitive e le neuroscienze ci insegnano che la mente, il corpo e l’ambiente sono strettamente interconnessi (Damiani, 2015). Pertanto, se l’ambiente che ci circonda è caratterizzato dal web e dalla connessione in mobilità, diventa chiaro come le dinamiche della trasmissione della conoscenza non siano più basate sulla memorizzazione e la trasmissione verticale, ma sull’interazione e la condivisione orizzontale. I processi di apprendimento si configurano oggi come attività sociali condivise e le tecnologie non come semplici ausili alla didattica, ma il fulcro intorno a cui si articolano le pratiche educative di una scuola che vuole definirsi 4.0. Il piano Scuola 4.0 La next generation school In tal senso, si ripongono tante speranze nel Piano Scuola 4.0 del  PNRR, nell’ambito del quale la scuola ha ricevuto le risorse per l’azione di trasformazione delle aule in ambienti innovativi di apprendimento e per la realizzazione di laboratori per le professioni digitali del futuro nelle scuole secondarie di secondo grado. Leggere il documento del Piano Scuola 4.0 come previsto dal PNRR equivale a prendere atto di cosa significhi oggi insegnare nell’era digitale: next generation classrooms (classi di nuova generazione), next generation labs (laboratori di nuove generazione), peer learning (educazione fra pari), problem solving (risoluzione di problemi), cloud computing (utilizzo di server remoti), hosting (servizio di allocazione su un server), cyber security (sicurezza informatica), Internet of things (oggetti in connessi in rete). Di certo, significa come prima cosa acquisire le competenze adeguate per comprendere il pomposo fraseggio anglosassone di cui il piano è ricco e, quindi, applicare le corrette pratiche di insegnamento nel nuovo ecosistema di apprendimento. Il DigComp Edu European Framework for the Digital Competence of Educators Il DigCompEdu (European Framework for the Digital Competence of Educators), elencando le competenze che un educatore deve avere per insegnare nell’era digitale, chiarisce come le tecnologie digitali possano migliorare e innovare insegnamento e apprendimento e come i motori del cambiamento siano proprio i docenti e gli educatori. Non bastano competenze tecnico-informatiche o competenze digitali che si mettono in campo nella vita quotidiana, ma sono fondamentali competenze professionali specifiche. Insegnare nell’era digitale significa oggi operare in nuovi setting formativi dove le tecnologie si fondono e armonizzano in un ecosistema classe composto da media vecchi e nuovi, in un processo di sinergia e complementarietà. In questo nuovo setting, il libro non è più, insieme all’insegnante, l’unica fonte di conoscenza, protagonista del lavoro didattico,  ma è un coprotagonista delle nuove pratiche didattiche multimodali (prima che multimediali), che sollecitano la ragione così come il corpo e le emozioni. Insegnare nell’era digitale significa “educare navigando”, come suggerisce Carlo Infante (Infante, 1997). Significa fare del web il nuovo ambiente di apprendimento e favorire il processo di apprendimento in autonomia. In questo senso, diventa fondamentale anche guidare gli studenti non tanto a usare le tecnologie, competenza che già hanno, quanto piuttosto a farlo in maniera sostenibile, efficace e fruttuosa, “con dimestichezza e spirito critico” (Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 maggio 2018 (2018/C 189/01). Il Digital Use Divide La consapevolezza tecnologica Insegnare nell’era digitale, significa far passare gli studenti dalla “confidenza tecnologica” alla “consapevolezza tecnologica” (Dominici, 2015). Oggi, infatti, non si parla più tanto di digital divide, ma di digital use divide. Non si tratta solo di un accesso diseguale alle tecnologie, ma anche di una mancanza di competenze per utilizzarle in modo